Solo rose per te è il titolo di un lavoro autobiografico pensato per una performance in Armenia e una mostra dell’IGAV alla Castiglia di Saluzzo (CN), ma che col passare dei mesi è diventato anche una performance con le detenute della sezione femminile della Casa Circondariale di Bari.
Ho sempre creduto in un’arte fatta di piccoli gesti, ma simbolici e l’importanza di questo lavoro consiste proprio nel riuscire a conciliare le arti, con la quotidianità in un luogo di reclusione, con le esigenze e i sogni delle donne che hanno scelto di partecipare a questa performance e con il superamento dei limiti imposti dal luogo. I fiori sono un elemento importante per chi vive recluso, in un penitenziario la natura è assente: le rose di carta ritagliate da tutte le donne sono un omaggio al bello e alla speranza di una nuova vita dopo la carcerazione, sono il simbolo della rinascita e aiutano a guardare avanti, esorcizzando la perdita di libertà, evocando sensazioni ed emozioni. Semplici ritagli di riviste diventano elementi di biografia che escono dalla fissità del ricordo per creare un ponte con il mondo esterno. La video-performance è divisa in due parti, nella prima spoglio le rose dalle spine per accarezzarmi il volto, mentre nella seconda parte incollo sul corpo delle detenute, in fila con alcune agenti della polizia penitenziaria, le rose di carta.
Le immagini realizzate con le detenute sono parte di un progetto finanziato dal Ministero della Giustizia e dall’Ufficio Scolastico Provinciale curato da Agnese Purgatorio per il Centro di Documentazione e Cultura delle Donne, presentato il 28 dicembre nella Casa Circondariale di Bari e il 24 gennaio durante il festival Nel segno di Ipazia, le donne e i saperi.
Solo rose per te è il titolo di un lavoro autobiografico pensato per una performance in Armenia e una mostra dell’IGAV alla Castiglia di Saluzzo (CN), ma che col passare dei mesi è diventato anche una performance con le detenute della sezione femminile della Casa Circondariale di Bari.
Ho sempre creduto in un’arte fatta di piccoli gesti, ma simbolici e l’importanza di questo lavoro consiste proprio nel riuscire a conciliare le arti, con la quotidianità in un luogo di reclusione, con le esigenze e i sogni delle donne che hanno scelto di partecipare a questa performance e con il superamento dei limiti imposti dal luogo. I fiori sono un elemento importante per chi vive recluso, in un penitenziario la natura è assente: le rose di carta ritagliate da tutte le donne sono un omaggio al bello e alla speranza di una nuova vita dopo la carcerazione, sono il simbolo della rinascita e aiutano a guardare avanti, esorcizzando la perdita di libertà, evocando sensazioni ed emozioni. Semplici ritagli di riviste diventano elementi di biografia che escono dalla fissità del ricordo per creare un ponte con il mondo esterno. La video-performance è divisa in due parti, nella prima spoglio le rose dalle spine per accarezzarmi il volto, mentre nella seconda parte incollo sul corpo delle detenute, in fila con alcune agenti della polizia penitenziaria, le rose di carta.
Le immagini realizzate con le detenute sono parte di un progetto finanziato dal Ministero della Giustizia e dall’Ufficio Scolastico Provinciale curato da Agnese Purgatorio per il Centro di Documentazione e Cultura delle Donne, presentato il 28 dicembre nella Casa Circondariale di Bari e il 24 gennaio durante il festival Nel segno di Ipazia, le donne e i saperi.